Potresti aver sentito parlare della "penalità dell'obesità", il risultato di uno studio del 2006 che collegava l'aumento di peso della donna bianca a una perdita di guadagni. Un nuovo studio della Vanderbilt University cerca di chiarire perché esiste questa pena e il risultato è scoraggiante: la discriminazione.Prima, lo studio del 2004: nel Journal of Human Resources, John Cawley della Cornell University ha riportato le sue scoperte che un aumento di peso di 65 libbre le donne bianche sono in correlazione con il 9% in meno di guadagni. Quest'anno, Jennifer Shinall della Vanderbilt University ha cercato di spiegare la penalità dell'obesità nel suo studio "Perché i lavoratori obesi guadagnano meno: l'ordinamento professionale e le sue implicazioni per il sistema legale." Come riportato da NPR, Shinall ha pubblicato tre ipotesi perché le donne obese possono guadagnare di meno: scelta (il che significa che le donne scelgono di lavorare in lavori meno retribuiti); producitivity); il che significa che le donne obese non realizzano altrettanto; e discredito (il che significa che i datori di lavoro scelgono di non assumere donne obese). Sallall ha scoperto che le donne obese erano raggruppate in lavori che comportano attività fisica, ad esempio lavorando in magazzino, piuttosto che lavori che richiedevano l'interazione personale, come ad esempio il lavoro nelle vendite. I lavori che richiedono interazione personale tendono a pagare di più rispetto ai lavori manuali, il che spiega perché le donne obese guadagnano meno. La cosa più importante è che la sua ricerca ha rilevato che questa tendenza non è stata trasferita agli uomini obesi, che a Shinall suggerivano discriminazioni di genere. Ha teorizzato a NPR, "I datori di lavoro non si preoccupano se un uomo obeso è il volto della loro azienda, ma hanno un atteggiamento molto diverso verso le donne obese." Lo studio di Shinall presta sostegno a uno stigma che molte donne obese dicono di provare: un credono che, poiché sono più grandi, sono più lenti, meno istruiti e meno competenti. Sarebbe interessante se ulteriori studi potessero approfondire maggiormente i processi di pensiero dei dipartimenti delle risorse umane e dei datori di lavoro e contribuire a sradicare questo pregiudizio dalla nostra cultura.



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